Alberto Angela, tra libri ed affreschi

Una pioggia incessante scende da qualche ora sulla città di Roma. Novembre ha nascosto da qualche parte il freddo dell’autunno, le previsioni degli esperti dicono che arriverà negli ultimi giorni del mese, tutto insieme e forse con gli interessi.
Il treno della metropolitana corre veloce sotto la città, potrei pazientare ancora alcuni minuti. Potrei ma non voglio. Così ostento doti da buffo equilibrista, mentre cerco di mantenermi in piedi e nel contempo prendo dalla borsa il libro appena comprato.
Stringere tra le mani un libro nuovo di zecca, accarezzarne le pagine, sbirciare qualche parola qua e là e pregustarne il contenuto, per me è quasi un rito.
Ma se il libro in questione è l’ultimo di Alberto Angela – San Pietro, segreti e meraviglie in un racconto lungo duemila anni – il rito diventa un piacevolissimo obbligo.

Alberto Angela è una di quelle persone speciali che riesce a rendere interessante qualsiasi argomento, perché possiede la straordinaria capacità di trasmettere i contenuti del sapere in modo semplice e fruibile da tutti, senza però sminuirlo o presentarlo con tratti troppo semplici. Padroneggia la difficile arte del bilanciamento tra conoscenza e divulgazione, arte sicuramente ereditata dal padre – Piero Angela – ma personalizzata in modo del tutto peculiare.
Per tante persone è l’ideale dell’insegnante perfetto, il professore che avrebbero voluto incontrare almeno una volta durante il percorso di studi.

(La mia personale collezione, compreso l’ultimo libro appena pubblicato)

Le oltre duemila e cinquecento pagine dei suoi libri abbracciano altrettanti anni di eventi, spaziando dall’Impero Romano ai giorni nostri, raccontando aneddoti di vita quotidiana, vicende di gente comune e di uomini che fecero la storia.
Cosa c’è di speciale qui che non si trova altrove?
È semplice.
Quando si intraprende la lettura di un suo libro è come se d’improvviso, fin dalle primissime battute, si aprisse un immaginario sipario. Le distanze si annullano, il lettore entra in punta di piedi nella storia ed è preso per mano, guidato alla scoperta di epoche lontane nel tempo ma spesso con molti tratti in comune con la nostra quotidianità.
Non so cosa pensino gli altri, ma per me avventurarmi in una lettura di Alberto Angela è come poter riascoltare la voce di coloro che non ebbero fama, né gloria, né onori. È il riscatto di un piccolo bottegaio della Suburra, di una schiava che percorre le strade di Pompei, di un operaio senza nome chino sul pavimento a mosaico della Cappella Sistina.

Da qualche mese, poi, i suoi libri non fanno bene solamente al nostro bagaglio di conoscenze, ma giovano alla collettività.

Dopo l’Adone ferito è la volta di un altro affresco a beneficiare di restauro grazie ai proventi della vendita de I tre giorni di Pompei: Toletta di un ermafrodito, contenuto nella medesima villa del precedente.

Forse sono troppo sentimentale, o troppo poetica, ma mi piace pensare che questa operazione che unisce lettore, divulgatore ed affreschi di Pompei, sia come un abbraccio che travalica il tempo e riunisce passato e presente in nome di un futuro che stiamo scrivendo già adesso.

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